L’adattamento edonistico è la tendenza negli esseri umani a tornare al livello di felicità di base poco dopo aver sperimentato un cambiamento, sia in positivo che in negativo. L’adattamento edonistico è più potente nei confronti degli oggetti costruiti dall’uomo (auto, case, abiti, denaro) rispetto invece a quanto è a nostra disposizione per natura (cibo, sesso, esercizio fisico).
Oggetto A
Nicodemus in Ama le persone, usa le cose introduce il concetto di Oggetto A: l,’Oggetto A è la cosa che crediamo di volere, la cosa che pensiamo ci appagherebbe se solo riuscissimo a procurarcela, possederla o raggiungerla. Abbiamo tutti i nostri Oggetti A, e l’aspetto più insidioso è che continuano a cambiare nel corso della vita, fino a quando l’oggetto del nostro desiderio non diventa l’oggetto del nostro scontento. Lo smartphone senza il quale tre anni fa non potevamo vivere ora è terribilmente lento e superato. Quell’auto nuova che desideravamo tantissimo ora è soltanto una rata da versare e un peso. Con l’andare del tempo ci rendiamo conto che le cose che volevamo non sono le cose che vogliamo: il problema non è quindi il desiderio; il problema è credere che la tappa successiva porterà con sé gioia duratura, anche se sappiamo per esperienza che non sarà così. Qualunque sia il nostro Oggetto A, è destinato, per definizione, a deluderci. Eppure continuiamo a ricercare la felicità attraverso i nostri personali Oggetti A. Ci sono tre ragioni per cui questo accade, a tutti noi: i nostri interessi si adattano al nostro ambiente, confondiamo il piacere con la felicità e i nostri desideri non corrispondono ai valori a cui teniamo di più.
Tapis roulant edonico
Dato che i nostri desideri continuano a cambiare forma nel corso della vita man mano che ci abituiamo ai nuovi cambiamenti – siano essi positivi o negativi – le nostre aspettative si adattano alle nuove circostanze. Dal denaro ai beni materiali, dallo status al successo, le cose che desiderate non vi procureranno la soddisfazione che vi aspettate. Passiamo il tempo a sforzarci di cambiare le nostre condizioni di vita, ma non ci sentiamo mai molto diversi. È per questo che i nostri problemi sono ricorrenti e inevitabili. La persona che sposi è quella con cui litighi. La casa che compri è quella che ripari. Il lavoro da sogno che accetti è quello per cui ti stressi. Tutto si porta dietro un inerente sacrificio – qualunque cosa ci faccia sentire bene ci farà anche sentire inevitabilmente male. Ciò che guadagniamo è anche quello che perdiamo. Ciò che crea le nostre esperienze positive definirà anche quelle negative.
Abitudine
Quando ci si abitua alle cose possedute e ci si annoia, non si riesce più a sentire lo stimolo. Per creare una «differenza» bisogna annullare lo stimolo, cambiarlo, amplificarlo, oppure aumentare il numero delle cose che si possiedono. Inoltre la felicità che forniscono gli oggetti non è proporzionale al loro prezzo: mettendo al dito un anello da cento, trecento o da tremila euro, i vari gradi di felicità che si possono sperimentare sono grosso modo uguali. Non è che la donna a cui viene regalato l’anello da tremila euro sia dieci volte più contenta di chi riceve quello da trecento. Il problema è che dalla condizione presente in cui ancora non ho una cosa, non è facile intuire la sensazione futura di abitudine poco dopo esserne entrato in possesso. Continuando a volere sempre cose nuove, questo meccanismo finisce per essere la causa primaria di un circolo ininterrotto per il quale le cose continuano ad aumentare.